lunedì 4 luglio 2011

RIDERE, SORRIDERE ED ALTRO....




RIDERE, SORRIDERE ED ALTRO…..
La risata
Sfogliando il dizionario della lingua italiana alla parola “ridere” si trova la seguente definizione: “Presentare felicità, specialmente spontanea ed istantanea con contrazione e stiramento dei muscoli della faccia e fuoruscita di suoni caratteristici”.
L’elemento fondamentale del ridere, è costituito dalla risata che può essere considerata come una sequenza di brevi monosillabi di timbro vocalico che sono riprodotti con: Ah – Ah – Oh – Oh – Ih – Ih – Eh – Eh – Uh – Uh.
RIDERE, SORRIDERE ED ALTRO…..
La risata
Sfogliando il dizionario della lingua italiana alla parola “ridere” si trova la seguente definizione: “Presentare felicità, specialmente spontanea ed istantanea con contrazione e stiramento dei muscoli della faccia e fuoruscita di suoni caratteristici”.
L’elemento fondamentale del ridere, è costituito dalla risata che può essere considerata come una sequenza di brevi monosillabi di timbro vocalico che sono riprodotti con: Ah – Ah – Oh – Oh – Ih – Ih – Eh – Eh – Uh – Uh.
La risata è un processo in cui, in un determinato stimolo che viene riconosciuto comico, si concepisce un vissuto gradevole.
È un comportamento istintivo, programmato dai nostri geni, nel quale emettiamo suoni, eseguiamo movimenti ed esprimiamo sentimenti.[1] 
Quest’atteggiamento motorio è regolato dalla parte più primordiale del nostro cervello.
È una fonte comunicativa bivalente che può costituire sia un modo per svolgere una relazione con l’altro, sia un’arma in grado di umiliare l’altro.
 Il sorriso
Il sorriso è un sottile restringimento della muscolatura delle labbra che vengono così piegate ad una risata solo delineata.
Inoltre, è una manifestazione di tranquillità, felicità e simpatia verso gli altri.
Si può considerare il sorriso come un ridere appena accennato con un breve moto delle labbra e degli occhi.
Il sorriso è un segno che resta evidente a lungo nella memoria delle persone e trasmette il buon umore.
Come la risata, anche il sorriso è presente nell’essere umano ed è per questo che molti ricercatori hanno tentato di dare spiegazioni psicologiche, antropologiche e metafisiche.
Per Kant il sorriso è “un gioco di forze vitali” capaci di spegnere la collera ed il disappunto e di potenziare il desiderio di riconciliarsi con la gioia di vivere.[2]
Per lo psicoanalista R.A. Spintz, il sorriso diventa per il bambino dal secondo mese di vita, un oggetto di percezione visiva privilegiato alle altre figure.
Si tratta della prima manifestazione di comportamento che il neonato utilizza per comunicare con la madre o con una figura rassicurante.
Questa fase di comportamento dello sviluppo del neonato è definita da Spitz come “stadio del sorriso”.
Perché noi individui sorridiamo? La risposta è la seguente: il sorriso favorisce i rapporti con il mondo, l’amicizia e trasmette sicurezza; inoltre è l’inizio di un’intesa, di uno scambio, e può manifestare la voglia di accettare gli altri o di essere accettati. [3](Riza Scienze, La risata- il migliore dei farmaci,Agosto 2002, numero 171.) 

Il sorriso agisce come lubrificante sociale perché il messaggio che passa tra i co-ridenti è di non aggressione, complicità e abolizione o forte attenuazione della gerarchia. [4]
L’umorismo è adottato per precisare un modo particolare di guardare il mondo e di riprodurlo attraverso racconti, battute, opere d’arte risaltando gli aspetti discordanti, comici, ridicoli ed assurdi.
Freud definì l’analisi sull’umorismo e sul motto di spirito in base all’economia, rivenendo dalle manifestazioni spiritose un risparmio d’energia psichica, liberata attraverso il riso.
Egli divise i motti di spirito in innocenti e tendenziosi, in base alla relazione con gli istinti sessuali ed aggressivi.
I primi sono basati sui giochi di parole e sull’assurdo, l’energia psichica risparmiata e liberata con il riso, sarebbe collegata al piacere infantile di divertirsi con le parole trattandole come cose, di essere felice del loro suono e di compiacersi dell’assurdo.

Le qualità del senso dell’umorismo sono:
  • Metacomunicazioneè l’invito di entrare nella logica dell’umorismo, per mezzo di un messaggio verbale o non verbale che anticipa o segue la battuta di spirito. Ha la funzione di avvertire l’interlocutore che, ciò che sarà detto o fatto, non sarà una cosa seria. 
  • Padronanza: si tratta di comprendere la battuta o la situazione comica, facendo scattare il meccanismo dell’umorismo, attraverso l’incongruità e la sorpresa. L’incongruità è la differenza tra l’informazione in arrivo ed il precedente modello cognitivo, e suscita una reazione di perplessità, curiosità od ansia.
  • Salienza e sintonia: secondo il principio della salienza, la reazione divertente è proporzionale alla sua significatività; è il grado di sensibilizzazione dell’ascoltatore all’argomento svolto.Consiste nel mettersi sulla stessa lunghezza d’onda dello stimolo; ha che fare con la personalità dell’individuo e la sua visione della vita.
  • Creatività: si basa sulla qualità del pensiero divergente (flessibilità, elaborazione, originalità).
  • Performance: è un’arte e consiste nel provocare il divertimento negli altri. Diverse sono le spiegazioni che portano alcune persone ad esporsi (fare colpo, sollevare il clima, essere accettato) ed altri a negarsi (timidezza).
  • Funzione relazionale e sociale: il fare dello spirito è un metodo per rimarcare la relazione gerarchica e, sciogliere tensioni e conflitti fra membri del gruppo per permettere una certa dose d’aggressività non nociva.
  • Sfruttamento: è la finalizzazione dell’umorismo a scopi diversi dal puro divertimento.
  • Sapersi astenere: l’umorismo in certe situazioni può essere importuno, inadatto e gravemente nocivo. Bisogna essere in grado di dosarlo. E’ inoltre importante prestare sempre attenzione all’interlocutore e al suo senso dell’umorismo. La battuta non deve mettere a disagio, ferire, mandare       messaggi trasversali di seduzione o aggressività e sensi di colpa.
  • Sapersi potenziare: perché una situazione umoristica diventi di fatto divertente, è necessario curare la modalità con cui si racconta. Deve rispondere ai principi della padronanza, della sintonia e della salienza.
  • Studio: è voler comprendere, per ottimizzare gli effetti e   riuscire a dare un aiuto alla ricerca.

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